Ci viviamo decine di ore al giorno, le scegliamo con attenzione, le curiamo, le puliamo, le rendiamo belle,
ci mancano quando ne siamo lontani, ce ne affezioniamo al punto da diventare fattore determinante per il nostro umore.
Sono i nostri edifici, i luoghi dove abitiamo, dove facciamo crescere figli e custodiamo i beni più preziosi.
Un concentrato di mattoni, calce, vetri e legno, che però sembrano avere un’anima, per quanto contano nella nostra vita, per quanta importanza tendiamo a dar loro.
Forse perché ci sentiamo protetti, o perché solo lì possiamo veramente essere noi stessi.
E se questi edifici, un giorno, avessero veramente un sistema immunitario, uno stomaco, se fossero capaci di respirare, cosa diremmo?
Forse sarebbe il caso di uscire e prendere un po’ d’aria.
Invece no.
Il futuro è vivo, pulsa e avvicina l’edilizia alla natura, a tal punto da rendere i due percorsi paralleli e con molti punti in comune.
Martyn Dade-Robertson e i colleghi dell’università di Newcastle hanno effettuato una ricerca
nel campo della biologia e della tecnologia edile, scoprendo che non l’edificio vivente non è fantascienza, ma una splendida sfida da lanciare ai posteri.
Permettere a un edificio di crescere, per esempio, come fa un ragazzino nel corso del tempo,
è meno che una visione utopica, è invece racchiuso nel micelio, apparato vegetativo dei funghi
che può crescere su pochi trucioli di legno e fondi di caffè, con cui si può costruire,
ottenendo importanti prestazioni strutturali e permettendo a un determinato habit la riproduzione e l’assoluta adattabilità.
Altro esempio: alcuni ricercatori hanno iniziato a sperimentare il calcestruzzo che può guarire se stesso,
quindi se l’acqua penetra attraverso microscopiche fessure,
i batteri vengono rianimati e l’edificio dura altri decenni.
Pazzesco no?
Sono molti gli esperimenti che si stanno mettendo in atto per assicurare agli immobili, maggiore…”mobilità”,
per renderli vivi, come se non fossero solo contenitori di vite, ma vita stessa.
Ovvio, inevitabilmente, anche loro quindi moriranno, ma almeno se ne eviterebbe la demolizione, costosa e inquinante.
Un futuro possibile, quindi, un futuro vicino. Per adesso continuiamo a prendercene cura, poi un giorno magari ci ringrazieranno.